Se mi conosci un pochino, sai che ho poche certezze nella vita: mi piacciono tantissimo i lamponi, il verde è il mio colore preferito e tra le cose che amo di più c’è l’andare al cinema.
Questa cosa del cinema ha radici profonde, che nascondono una storia che inizia molto tempo fa, prima ancora che io nascessi. In più, abito in una città relativamente piccola, che però conta (contava, più che altro) un numero abbastanza alto di sale e di teatri. Fino a poco tempo fa, potevi percorrere un paio di km nel centro e ti imbattevi in cinque cinema diversi. Due hanno già chiuso, anni fa. Fra una settimana chiuderà ufficialmente anche l’Iris, e la colpa è anche un po’ mia.
Mio nonno, oltre a occuparsi di una piccola sala in campagna (ma parliamo di un’epoca in cui io non era neanche lontanamente un’idea), lavorava come ragioniere per questi cinema; mi hanno sempre raccontato che il suo ufficio era proprio lì, dove ora ci hanno fatto quella minuscola saletta in alto, quella dove ci abbiamo visto Manchester by the sea pochi mesi fa.
La mia passione per il cinema nasce probabilmente proprio grazie a loro: era spesso la nonna che mi portava a vedere i film Disney. Capitava anche che me li facesse vedere due volte, perché eravamo entrate tardi e ci eravamo perse l’inizio. E capitava che mi portasse a vederli anche se la volta prima le avevo detto che “nonna, sai che tu assomigli ad Ursula della Sirenetta?”. Se aveva tempo mi preparava i pop corn (perché i pop corn della nonna sono più buoni), ma poi mi comprava comunque qualcosa al bar.
Al cinema ci ho visto tantissime cose: ho pianto quando è morto Charlie (non dirmi che non hai visto Charlie – Anche i cani vanno in paradiso che ti insulto), ho avuto paura quando sono scesi gli gnu nel Re Leone e ho mosso la testa a ritmo con i dalmata guardando La carica dei 101 versione film.